mercoledì 24 ottobre 2007

Il vero colore dell'odio (S)


Giuro lo vidi un sorriso.

Eppure una stagione ha segnato
il cuore di un uomo probo e cattolico esperto
che nel peregrinare notturno
sottrae a vento e pioggia
l'oggetto di derisione di un'incauta tempesta
il cadavere martoriato di una giovane
una rosa senza spine brutalmente sradicata
dal lussureggiante giardino dell'innocenza

Le mani di sangue imbrattate invano
allo stolto uomo col distintivo in mano
suonarono nuove e non diedero sazio
rendendo me artefice del cruento strazio

La calda stagione mi vide invecchiare
solchi di lacrime e rabbia a sgolare

ma nel lieto giorno in cui tutto cessa
il mio cuore riceve un sussulto
non per la tensione artificiale che il cervello pressa
ma quel sorriso che a Dio compiace
il trionfo di una cieca madre
che nell'odio inventa una sedicente pace

Solo adesso che vago sui tetti
osservo i cuori di chi omaggia Dio

ma io spirito appagato
scorgo il principio di quel sorriso
in ogni Amen e in ogni Sia Dio lodato

Senza più pena e senza più intento
mi poso sulle pendici perfette di un arido eterno
e serafico
sospinto dal tiepido richiamo
accompagno i miei amici rapaci a nutrirsi
della stessa carogna che mi tolse la vita
e la memoria dei miei cari
inquinata
lacerò con le sue sozze dita

Apri gli occhi (S)

Destati dalla stasi notturna
soggioga il giaciglio di sogni auspicati
e tendi lo sguardo verso quel buio ammaliante
nero intenso
che il sole stesso teme oltraggiare

Ne avvertirai la presenza
come un tiepido affannoso respiro
che brama lacrime di sangue
viscide sacralità avide senso
rapprese in lutti atavici
imploranti il florido sussurro di Demetra

Osserverai nel silenzio universale
redenti dal cuore di piombo
saccenti ostentano corone dall'alloro
germogliato con pane e sudore
di padri timorosi e bieche madri
Essi non hanno orecchie per le trombe
né occhi per le fiere
e non vengono compianti come tali
rei di se stessi
ma annoverati per i posteri
infimi fra i dannati

Insorgerai contro un Dio che non è
rifuggerai presso ciò che Dio era
ma né gli occhi amorevoli della Madre
né cibo caldo e visi amici
accompagneranno il profilo sconfitto della tua esile figura

Inaridirai nelle tue stesse lacrime
svuoterai ogni lamento
inneggerai forme e odori
e rinuncerai alle logiche perverse
di questa macchina dell'assoluto
Martire d'infedeltà
renderai suicidi i vitali ideali
che orneranno il gelido marmo
che ti farà da tomba









martedì 23 ottobre 2007

Vaghe anime vaganti (S)

Chiedi alla luna violata
invoca un nero desìo
squarcia la volta celeste
e annienta la verità dei gabbiani

Solo allora potrai cogliere
il lamento armonioso di un'anima sola

Un'anima vaga senza più odio né amore
senza la cura degli Avi
che ha cessato di lavare
con lacrime povere il suo perdono
che ha allontanato la carezza degli angeli
Un'anima stanca che urla dentro
e avvolge la propria pena
in bende usurate dal tempo

Un'anima nomade
che si culla nel fioco chiarore dela luna
matrigna amorevole
sulle onde di una calda nenia
che placa col suo ipnotico canto
il pretestuoso vento del Nord
cui sfugge Nulla al suo richiamo

Balla anima
in questo sinuoso teatro di danze gitane
esoteriche e passionali
Ritrova nel pianto la tua atavica essenza
esplora il domani
e lascia che per una volta
il Vento del Nord soffi invano

lunedì 7 maggio 2007

Follia, la rabbia del dolore (S)

Io sono la tua paura dolce bambina
io sono il tuo dolore
cullato dall'occhio del padrone
della mano che ti esplora
lavato nel corpo dal primo sangue
ma impresso nel ricordo per l'eterno

Io sono il tuo tramonto
giovane donna
rinchiuso fra le sbarre perverse
di una volontà coltivata dal rimorso

Svelami piano dove ti celi
piegata in quale angusto inferno
Mostrami
in quale oceano annegasti le tue lacrime
e per quale dio soffocasti il tuo respiro

Racconta se fu la bocca che ti amava
ad accendere la tua follia
mentre la mano della memoria
reclamando il suo stesso pianto
te ne offriva la via

La dolce menzogna (S)

Un urlo rabbioso rompe la notte.
Un corpo amorfo si contorce in scabrose pose, scorre acido nelle sue vene.
E' ripugnante, genera odio, riempe l'aria di fetori infernali.
Insinua, malevolo, parole ammalianti negli animi puri; odora la paura.
Una bimba dagli occhi di cristallo dorme supina sul Suo giaciglio.
Il Suo artiglio fende l'aria e si posa sulla sua pelle di luna. Un lamento armonioso accarezza il sorriso dell'Essere, gocce tenere di sangue corrono lungo curve di sogni inviolabili, ossa disegnate fremono di carne sotto tessuti di pelli morte.

Un urlo, che la natura rifiutò di alimentare, ruppe nella notte.
Zittì i silenzi di chi ancora non ebbe a parlare, agitò i sogni di chi nel sonno cercava la morte, incendiò le ali fameliche di chi un giorno avrebbe volato.
E sul sentiero dove le pietre hanno corpi e orecchie per sentire, un corvo sorvola sovrano. La natura è morta, pare schernire col suo gracchiare; l'uomo ha sentenziato, non riconosce padroni; anche i padroni sentenziano, non riconoscono uomini. E la menzogna propaga la sua storia attraverso gli istanti del tempo, battezza gli eventi e i popoli con parola mai pronunciata. Percuote l'udito di chi non vuol sentire parole mai nate, scioglie gli incanti delle bellezze e dell'amore e dona a ciascuno l'antitesi di ciò che mai sarà, di ciò che è per essere, ma che mai sarà.

L'urlo dell'uomo è sopito sotto inverni di nevi, piogge e tempeste e le primavere, con le loro aurore, non riscatteranno l'anima del primo Caino, venditore del proprio dolore, carnefice della sua propria essenza.

giovedì 3 maggio 2007

Starci (S)

Incatenato al pascoscenico con la mia maschera di uomo, vivo il tormento della ragione, di cui le pietre non ne partecipano l'inquietudine.
Il mio nome è la penna del poeta, un nome che non ho mai conosciuto, che ho creduto di avere perso e che forse ho usurpato.
Ma qualcosa vive e fermenta dentro di me, accompagna la mia insonnia e mi accarezza negli attimi in cui tutto è niente e il tempo la fa da padrone.
Le mie lacrime son acqua e i miei sospiri aria, ma la mia irrequietezza non ha forma. E' pura, viva, è essenza. E' soffocata dal mondo, soffocata da me stesso; gli interrogativi decadono al nascere e le risposte assolvono ad altro.
Io non vedo uomo, non vedo sorrisi, vedo solo catene, vedo solo solitudine intorno ad ognuno. Ognuno muore solo, ognuno nasce solo.

Ognuno vive solo, naufrago nel mezzo d'una tempesta; puoi nuotare e stancarti per poi affondare negli abissi; o puoi star fermo ed aspettare, e il risultato sarà lo stesso. Non c'è scelta.
Dunque viviamo di autoinganno, che a volte percepiamo come trappola ed a volte come scudo.
Mio malgrado son qui e ci sto.

venerdì 2 febbraio 2007

Il silenzio della parola

Mi ritengo una persona sufficientemente ragionevole, dotata di una discreta apertura mentale, incline al dialogo ed al confronto.
Tuttavia a volte mi capita di bloccarmi, di incepparmi in qualche contorta rete di pensieri che non mi fanno venire a capo di un bel niente; stavo infatti rileggendo un articolo che riguarda Ciro Milani, quel ragazzo che ha programmato il suo suicidio e nell'attesa del giorno prestabilito ha messo su un blog, come fanno tanti ragazzi, però con l'idea di manifestare palesemente le sue intenzioni. Gli argomenti del blog vertevano soprattutto sulle modalità e sulle tecniche più efficaci di suicidio, e i commenti "postati" dai navigatori (a parte reazioni di indegnità morale) suggerivano molteplici mezzi: inoltre si leggono commenti di ragazzi dichiaranti di adottare la stessa iniziativa, perchè stanchi di vivere.
Ciro dice di aver vissuto già un terzo dell'esistenza, di aver vissuto "così così" e di non credere che nel futuro la vita (i due terzi di vita restanti per l'appunto), gli avrebbe riservato cambiamenti radicali tali da dissuaderlo dal proprio intento.
Ciro si è suicidato, gettandosi dal ponte, ovviando al problema tecnico dello scavalcare un recinto un pò troppo alto per lui grazie all'aiuto di un navigatore che gli ha suggerito l'utilizzo di una sedia pieghevole.
Non riporto questa notizia per chissà quale intenzione di argomentarci su una disquisizione di stampo etico: non ne sono all'altezza, può oltretutto non esserne spunto questo fatto di cronaca ed infine è una vicenda privata.
Scrivo di questo evento perchè mi ha spiazzato; mi ha perforato cervello e anima, mi ha messo in discussione.
Comunque, sia per le motivazioni sopra riportate, sia per l'effetto che ha generato in me l'aver preso atto dell'avvenimento, così come si è sviluppato, mi sembra coerente, naturale e umano, fare l'unica cosa che mi esce spontanea, pura, non costruita, nè tantomeno influenzata da nessuna sedicente fonte di autorevolezza sul "tema" della vita (anche se "tema" non è la parola adatta mi scuserete).
IL SILENZIO.

PS: consiglio vivamente a tutti di visitare questa pagina http://www.corriere.it/openxlink.shtml?http://primadipartire.weblogs.us/
dove troverete il diario "virtuale" di Ciro.
Nessuna speculazione, solo uno spunto per riflettere.